Morire di fame

Quando non piove per mesi è un problema. Per la nostra storia andiamo nel 1800 a.C. (come sempre le date distanti da noi non sono mai precise) e in tutto l’Egitto e il medio oriente c’è siccità, fame, malattie e morte. Quando non piove è un problema!

In Egitto grazie alla politica avveduta del primo ministro, nella cui mente Dio ha messo grande saggezza, si è potuto accumulare grano per il periodo di “vacche magre” come erano apparse nel sogno di Faraone (il “tempo di vacche magre” è rimasto come proverbio ancora oggi).

L’uomo è Giuseppe, il figlio di Giacobbe. Era stato venduto dai fratelli per gelosia perché considerato il figlio preferito di Giacobbe. Ma Dio non abbandonò quell’uomo reso schiavo in Egitto. Non l’abbandonò nemmeno quando accusato di reato ingiustamente (ancora una volta) finì in prigione. Non oso pensare come fosse quel carcere, ma Dio consolò il cuore del giovane Giuseppe. Leggendo la storia come è narrata in Genesi nei capitoli 39-41 possiamo vedere il modo miracoloso di come potè uscire dal carcere e più di questo, diventare addirittura viceré a motivo della sua saggezza.

Intanto in Canaan i suoi fratelli e il padre Giacobbe pativano la fame per la carestia. Quando la situazione si fece critica e in quella famiglia non sapevano che cosa fare, Giacobbe il capofamiglia, disse ai suoi figli:

…Perché state a guardarvi l’un l’altro? Poi disse: Ecco, ho sentito dire che c’è grano in Egitto; scendete là a comprarne, così vivremo e non moriremo. Genesi 42:1-2 

Scendere a comprare

I figli di Giacobbe avevano bisogno di rompere gli indugi, di vivere non aspettando le iniziative altrui. Dovevano mettersi in marcia.

L’insegnamento vale anche per noi! Talvolta aspettiamo iniziative altrui che non vengono, o siamo fatalisti, mentre dovremmo fare qualcosa mentre possiamo farlo. Dovremmo essere I primi a perdonare il coniuge che sbaglia o ci ferisce, i primi a incoraggiare i figli bisognosi di noi, i primi a essere i più onesti e laboriosi sul posto di lavoro, i primi ad aiutare il prossimo quando si presenta l’occasione, i primi a pregare nel bisogno.

Stare a guardarsi l’un l’altro è un’immagine che ci parla di immobilismo, di attesa passiva, di incapacità di iniziativa. Forse è la situazione nella quale ci troviamo anche noi. L’esortazione di Giacobbe diventa quella di Dio a noi: andare da qualcuno che può aiutarci!

Chi è quell’uomo?

I figli di Giacobbe andarono in Egitto e si presentarono davanti al primo ministro per comprare il grano, ma non riconobbero che quell’uomo era proprio Giuseppe, il loro fratello.

Viene da piangere a leggere la storia dei capitoli 42-45. Già: chi era quell’uomo potente e ricco, dispensatore di ogni bene? nessuno l’avrebbe immaginato, ma era proprio lui, il fratello venduto, umiliato, dimenticato, dato per morto. Quell’uomo importante era Giuseppe venduto dai suoi fratelli!

Giuseppe si farà riconoscere e non li condannerà. Vedrà piuttosto negli eventi il piano di Dio per la salvezza della sua famiglia.

Certamente Giuseppe ci ricorda un altro uomo venduto per 30 denari e dato come morto. Gesù! Lo ritroveranno in molti di noi vivo e vegeto, in autorità e potente. E non ci condannerà perché Lui è… nostro fratello!

Anche il popolo ebraico incontrerà un giorno il Gesù risorto. E troveranno perdono. Quello stesso perdono che i credenti di oggi per la fede nel suo sacrificio possono già gustare nei loro cuori.

Tutti lo incontreremo e staremo per sempre con Gesù. Nel frattempo non stiamo a guardarci l’un l’altro, ma andiamo da Lui per ogni nostro bisogno!